« Giornata della rabbia » in Russia
Dall’inizio dell’anno, le manifestazioni nelle città russe si moltiplicano, la popolazione si rivolta contro il brutale aumento delle spese, delle tasse e delle imposte in generale, mentre gli stipendi diminuiscono e la disoccupazione è diventato un problema per un sempre più grande numero di persone.
Un forte messaggio è arrivato da Kaliningrad, dove lo scorso 30 gennaio più di dieci mila persone sono scese in strada esigendo la diminuzione della tassa sull’utilizzo delle auto (aumentata dalle autorità regionali del 25%), una politica di rilancio economico della regione, la fine della “dittatura del partito al potere” (Russia Unita) e le dimissioni del governatore della regione Gueorgui Boos. Dato che le difficoltà economiche peggiorano nella maggior parte delle regioni, i prezzi di acqua, gas e elettricità si rivelano proibitivi per la maggior parte degli abitanti, manifestazioni con numerose migliaia di persone si sono susseguite in tutta una serie di città (Angarsk, Irkoutsk, Arkhangelsk, etc.), prendendo come bersaglio principale i poteri locali e regionali, il nepotismo e la corruzione, oltre alla “verticale del potere” messa in atto da Vladimir Putin, che rende il potere locale ancora più irraggiungibile dalla popolazione. L’esasperazione della popolazione causata dal disprezzo delle leggi mostrata dai funzionari e dall’élite politica si è a poco a poco concentrata sul Primo Ministro ed ex- Presidente, Putin. Perciò, quando la coalizione dell’opposizione a Kaliningrad ha annunciato una massiccia concentrazione per il 20 marzo, varie reti e movimenti sociali hanno ugualmente proposto una giornata di azione solidale in tutta la Russia.
Contrariamente a quanto affermato nella maggior parte dei media, non è il movimento politico della destra liberale “Solidarnost” che si trova all’origine del “Appello del 20 marzo” per una “Giornata della rabbia”, ma si tratta di reti più o meno conosciute come la FAR (Federazione di Automobilisti della Russia), il TIGR (Movimento di cittadini attivi della Russia) o la SKS (l’Unione dei soviets di coordinamento della Russia). In ogni caso, il richiamo ha provocato un vasto movimento di mobilizzazione: delle manifestazioni di ogni tipo si sono tenute il 20 marzo in circa una cinquantina di città. Punto più importante, sono state coorganizzate da grandi coalizioni locali e partiti politici dell’opposizione.
Ovviamente, le cifre della mobilitazione possono sembrare di poco conto: circa 4000 persone a Kaliningrad, 3000 a Irkoutsk, 2000 a Vladivostok, 1500 a S. Pietroburgo, 1000 a Ijevsk, spesso circa 500 persone (Astrakhan, Mosca Penza, Tiumen, ecc.). Ma l’ampiezza geografica della mobilitazione prova che i movimenti dei cittadini tentano di unire la loro voce per farsi sentire a livello federale. E la somiglianza degli slogan - « Il potere sotto il controllo dei cittadini», « No al monopolio politico di Russia Unita», « Riprendiamo il controllo della nostra città»- indica lo sviluppo di una cultura politica condivisa. Anche se le proteste erano dirette in primo luogo contro i poteri locali (i governatori regionali in primis), Putin è stato comunque preso di mira, come responsabile federale: « Putin, dimissioni» - lo slogan che si udiva nella maggior parte delle manifestazioni.
Arresti massicci a Mosca
Nella capitale, il comitato organizzatore della “Giornata della rabbia” (comitato di cittadini, movimento di difesa della foresta di Khimki, di co-investitori truffati, di abitanti dei dormitori, Fronte di Sinistra, “Solidarnost” e altri) ha deciso di sfidare il divieto di manifestare nel centro, nella Piazza Pouchkin, e verso le ore 15 circa 500 persone si sono ritrovate, pronte a difendere il loro diritto a manifestare (lo slogan principale dell’azione moscovita era « Loujkov – il sindaco della città , dimissioni»). I militari hanno invaso la Piazza e gli arresti sono arrivati subito dopo che le prime persone hanno preso la parola. I manifestanti hanno resistito più di un’ora nonostante tutto, giocando al gatto e al topo con le forze dell’ordine e riuscendo a volte anche a sfuggire nei grandi viali adiacenti. Risultato: almeno 70 persone arrestate, secondo alcuni in modo brutale. Il testo della Costituzione, agitato in aria da una militante di un comitato di quartiere, non è servito a nulla: anche lei è stata messa dentro come gli altri.
Manifestazioni mandarine a Kaliningrad
A Kaliningrad, la città più occidentale della Russia, luogo da cui è partita l’ondata di mobilitazione, la manifestazione era stata anch’essa vietata dalle autorità locali, creando agitazione e tensione all’interno della coalizione locale dell’opposizione. Come per magia, alcuni giorni prima del 20 marzo, si sono diffusi degli invitri anonimi a recarsi nella piazza centrale (dove doveva svolgersi una fiera agricola) con dei mandarini (simbolo del governatore G. Boos). E, sempre “per caso” ,circa 4000 persone si sono radunate all’ora stabilita (fra le ore 13 e le 14) agitando nelle mani i loro mandarini. La polizia non è intervenuta – cosa fare contro un mandarino? – e le persone si sono disperse da sole, contente di aver deriso il detentore del potere.
Vladivostok : unità dell’opposizione contro « Russia unita»
A Vladivostok (Estremo- Oriente), città che ha inaugurato la Giornata della Rabbia, più di 2000 persone si sono radunate nella Piazza centrale, motivate alla lotta dopo lunghe negoziazioni effettuate da una grande coalizione, che comprendeva per esempio il partito comunista, il movimento dei cittadini attivi TIGR, Iabloko, il movimento degli automobilisti, e un movimento politico locale « Libertà e potere del popolo». La rabbia, come ovunque, si leggeva sui numerosi striscioni preparati dai manifestanti: « Abbasso il detentore del potere», « Abbasso la corruzione dei funzionari», « La Russia è un paese molto grande, non ci sconvolge che nessuno ci noti». Alla fine dell’assembramento, gli organizzatori hanno simbolicamente passato la fiaccola alle altre città: « Novosibirsk, S. Pietroburgo, Kaliningrad – sì, sì, sì! Il potere– no, no, no! »
Irkoutsk : per la tutela del Baïkal
La manifestazione d’Irkoutsk aveva come tema principale la tutela del Baïkal e la rivendicazione del diritto della popolazione locale di decidere del modo di sviluppo della regione. Organizzata dai movimenti ecologisti della regione da alcuni mesi, la mobilitazione contro la riapertura della cartiera che scarica i propri rifiuti nel lago Baïkal ha unito l’opposizione, compreso il movimento degli automobilisti e il movimento degli abitanti per l’autogestione « Narodny Kontrol ».Circa tremila persone sono venute per protestare in primis contro Vladimir Putin, autore e difensore del progetto di riapertura della fabbrica. Ma ulteriori problemi sono stati sollevati, in particolare quello delle scarse pensioni e della rovina del settore abitativo.
Anche a Irkoutsk il tentativo di recupero della mobilitazione cittadina da parte della destra liberale è stato più forte. Boris Nemtsov, responsabile del movimento « Solidarnost » (e vecchio ministro ai tempi di Boris Eltsin negli anni 90) aveva in effetti fatto il viaggio proprio per intervenire dall’alto della tribuna.
San Pietroburgo: forum dei movimenti sociali locali
A San Pietroburgo, dove i comunisti del PC avevano deciso di fare gruppo a parte organizzando il loro proprio assembramento (al quale hanno partecipato circa 400 persone), la manifestazione organizzata dai movimenti sociali (33 gruppi, comitati e reti, fra cui il potente movimento contro la costruzione della torre « Gazprom ») ha riunito più di 1500 abitanti. L’atmosfera amichevole e l’intesa dei partecipanti sono sfociati nella decisione presa in modo unanime di rinforzare i legami di coordinamento fra i movimenti, creando un centro di coordinamento dei movimenti sociali e cittadini della città.
Gli slogan riprendevano quelli delle altre città, contro il monopolio del « partito del potere», contro la confisca del potere da parte dei burocrati, per una città che appartenga ai cittadini, per le dimissioni del governatore della regione, Valentina Matvienko.
Carine Clément